Sulle vette del Tibet: per domare la montagna nonostante il diabete

8.027 è l'altezza dello Shisha Pangma, la 14ma vetta dell'Himalaya che supera gli 8.000 mt situata in territorio tibetano. Ma anche è anche il nome di un'impresa, 'Ottomilaventisette – Tibet/ADIQ tour 2012', che vede protagonisti quattro ragazzi affetti da diabete di tipo 1 - la forma precoce della malattia che compare già in età giovanile - salire ad alta quota con l'entusiasmo, quattro tende e le dosi di insulina. Marco, Manuel, Enzo e Alberto sono partiti da Milano il giorno di Pasqua, dir...

8.027 è l'altezza dello Shisha Pangma, la 14ma vetta dell'Himalaya che supera gli 8.000 mt situata in territorio tibetano. Ma anche è anche il nome di un'impresa, 'Ottomilaventisette – Tibet/ADIQ tour 2012', che vede protagonisti quattro ragazzi affetti da diabete di tipo 1 - la forma precoce della malattia che compare già in età giovanile - salire ad alta quota con l'entusiasmo, quattro tende e le dosi di insulina. Marco, Manuel, Enzo e Alberto sono partiti da Milano il giorno di Pasqua, diretti verso il Tibet, e saliranno lungo il lungo versante nord della 'Cresta nevosa sopra i prati' – questo il significato, in tibetano, dello Shisha Pangma – senza ricorrere all'ossigeno supplementare. Questa non è la prima spedizione tentata da

A.D.I.Q. (Alpinisti Diabetici in Quota), un gruppo di appassionati di montagna che, nonostante il diabete, ha deciso di non rinunciare a raggiungere le vette più alte al mondo. Per loro, salire sull'Himalaya significa allenarsi con costanza, come per tutti gli alpinisti, e anche imparare a tenere sotto controllo la glicemia, come per tutti i diabetici. Il diabete influisce sulla capacità di performance ad alta quota dove, essendoci poco ossigeno, il corpo reagisce producendo segnali di stress che contrastano l'azione dell'insulina, l'ormone che regola il livello di zuccheri nel sangue e che risulta difettosa nei diabetici. Il rischio di salire in vetta per un diabetico è quello di avere un picco di glicemia, anche se è il suo fisico è molto allenato. “E' per questo che parliamo sempre di autocontrollo, cioè ogni due ore in attività dovremo misurare la glicemia e capire e dosare bene il correttivo di insulina, se ce n’è bisogno – spiega

Marco Peruffo, presidente di A.D.I.Q., alla quarta esperienza sull'Himalaya e primo (nonché unico) diabetico italiano a essere salito su un ottomila, raggiungendo la vetta dello Cho Oyu (8021 mt) nel 2002 -  Nei sei viaggi precedenti che ho fatto ad alta quota, mediamente ho aumentato il mio fabbisogno insulinico tra il 20 e il 25% rispetto quello normale a livello del mare. Dal punto di vista medico, stiamo seguendo tutti gli aspetti, dall’alimentazione alle indicazioni terapeutiche, all’autocontrollo della glicemia e stiamo facendo molti controlli pre-partenza. Quello dell'alta quota è un mondo molto complesso ma se uno ha un po' di esperienza non lo vede con preoccupazione”. Il viaggio di ADIQ, sponsorizzato principalmente da Bayer, sarà seguito dal blog Ottomilaventisette - http://spedizione-tibet.tumblr.com/- all'interno del portale

Diabete.net, dedicato a tutti coloro che soffrono di questa patologia: giorno dopo giorno, verranno raccontati gli entusiasmi, le difficoltà e i traguardi dei quattro ragazzi diabetici attraverso storie, foto, video e audio. “Anche raccontare le difficoltà sarà parte del viaggio - continua Peruffo -, ad esempio, stiamo andando in Tibet dove la dieta principale è costituita da riso e praticamente nessuna frutta o verdura: mentre questo può non essere un problema per un qualsiasi alpinista, per un diabetico non è proprio la dieta ideale. Per me sarà molto importante riuscire a trasmettervi tutto, come affronteremo gli eventuali imprevisti e anche gli errori che non potremo evitare”.
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