Bovisio M., Delmati: "In regalo all'Afghanistan le foto scattate laggiù 40 anni fa"

Quando si pronuncia il nome di
Fabrizio Delmati, gli addetti ai lavori si esprimono con ammirazione. Re della fotografia sportiva in Italia, numero uno in assoluto per le competizioni ciclistiche, suo il record di Giri d'Italia seguiti in carriera, non si è fatto mancare il fascino dei motori, le Olimpiadi e, soprattutto all'inizio della brillante professione, anche il mondo dello spettacolo e, purtroppo, anche i più tristi fatti di cronaca. Queste, almeno, le informazi...

Quando si pronuncia il nome di

Fabrizio Delmati, gli addetti ai lavori si esprimono con ammirazione. Re della fotografia sportiva in Italia, numero uno in assoluto per le competizioni ciclistiche, suo il record di Giri d'Italia seguiti in carriera, non si è fatto mancare il fascino dei motori, le Olimpiadi e, soprattutto all'inizio della brillante professione, anche il mondo dello spettacolo e, purtroppo, anche i più tristi fatti di cronaca. Queste, almeno, le informazioni che tutti o quasi conoscono. Ma ben pochi sanno che da ragazzo, esattamente 40 anni fa, ha partecipato nell'estate del 1974 alla spedizione sulle vette dell'Afghanistan. E ora quegli scatti, testimonianza di quei paesaggi e di quella civiltà, vuole regalarli al governo Afghano perché quella terra gli è rimasta nel cuore. "Era la spedizione alpinistica 'Città di Bovisio' - racconta Delmati ancora entusiasta - che si proponeva la conquista della vetta inviolata del "M 10", circa 5.300 metri, situata in Hindu Kush. Della spedizione, oltre ai cinque amici bovisiani, facevano parte due grandi alpinisti: Luigno Airoldi (accademico del Club Alpino Italiano, istruttore nazionale e membro del famoso gruppo "Ragni di Lecco", vincitore con la spedizione guidata da Riccardo Cassin del 1961 della Sud del McKinley, 6.194 metri e parete impossibile per quei tempi) e Guido Della Torre (anche lui accademico del Cai e istruttore nazionale di alpinismo). Quest'ultimo un po' sfortunato, visto che pochi giorni dopo il rientro dall'Afghanistan, esattamente il 14 agosto, è morto con Pietro Gilardoni durante l'ascesa sulla via Major al Monte Bianco, entrambi travolti da un seracco che ci era staccato mentre attraversavano un colatoio". Ai due è dedicato un premio del Club Alpino Italiano alla memoria nonché una scuola di alpinismo e sci alpinismo. Del gruppo faceva parte anche il dottor Romeo Arienta, al quale molti cittadini locali trovati sull’ altopiano dell’Hindu Kush devono qualche anno in più di vita, salvati dalle sue sapienti cure mediche.

"Purtroppo per motivi logistici - afferma Delmati - alcuni sentieri vicino ai fiumi erano franati, abbiamo dovuto percorrere circa ottanta chilometri a piedi o in groppa ad asinelli non riuscendo ad arrivare alla famosa montagna “M 10”, facendone però altre tra cui una bellissima parete Nord di circa 4.800 metri. Eravamo anche senza radio ricetrasmittenti, vietate dal governo e a quei tempi non esistevano né Gps né satellitari". Prova impegnativa che Delmati conserva nella mente, nel cuore e nei suoi sapienti scatti fotografici. Ora proprio questi vorrebbe donarli al governo afghano: "Sarebbe il mio sogno. Sono in contatto con il Ministero degli Esteri, mi piacerebbe regalare al governo afghano una raccolta di circa 100 immagini scattate da me in quella spedizione da esporre in un museo a ricordo di quegli anni. Non penso che abbiano a loro disposizione una documentazione fotografica delle persone e dei luoghi conosciuti durante il nostro passaggio sulle alte terre. Nella mia vita grazie al lavoro ho girato mezzo mondo, ma nulla mi è rimasto nel cuore come i paesaggi e la gente incontrata in quel meraviglioso paese". [gallery ids="18976,18977,18978,18979,18980,18981"]