Laureato da un anno? Stipendio di 1.100 euro

Dopo le scuole superiori la carriera accademica: un po’ per far felici i genitori, un po’ per avere una posizione invidiabile e guadagnare tanti soldi. Questo, in estrema sintesi, il modo di pensare di tanti giovani studenti. La realtà, però, non è proprio così. Al di là degli anni da universitari (che spesso i genitori considerano quasi una sorta di vacanza da fannulloni), la carriera lavorativa spesso non riserva le soddisfazioni economiche tanto sognate. Lo rivela “Il Sole 24Ore” che dà am...

Dopo le scuole superiori la carriera accademica: un po’ per far felici i genitori, un po’ per avere una posizione invidiabile e guadagnare tanti soldi. Questo, in estrema sintesi, il modo di pensare di tanti giovani studenti. La realtà, però, non è proprio così. Al di là degli anni da universitari (che spesso i genitori considerano quasi una sorta di vacanza da fannulloni), la carriera lavorativa spesso non riserva le soddisfazioni economiche tanto sognate. Lo rivela “Il Sole 24Ore” che dà ampio spazio a un’indagine di AlmaLaurea: a dieci anni dalla sospirata laurea, un italiano guadagna 1.600 euro al mese. Questo, naturalmente, è una media: perché lo stipendio è inferiore ai 1.400 euro mensili per uno psicologo o un architetto e inferiore ai 1.300 euro se si proviene da una facoltà letteraria. Numeri poco esaltanti che sottolineano uno stato di crisi di impiego anche per le professioni più qualificate. Solo due studenti su tre, che hanno in tasca una laurea breve datata 2010, oggi hanno trovato un posto di lavoro (9% in meno rispetto a quanto avveniva quattro anni fa). Addirittura solo il 56,8% di coloro che hanno una laurea specialistica oggi possono beneficiare di un impiego. La situazione va ancora bene a medici, ingegneri ed economisti. Devono invece incrociare le dita o recitare il rosario i laureati in ambito geo-biologico o giuridico. Una curiosità. In Europa i professionisti “qualificati” rappresentano circa il 22% della forza lavoro, con l’eccezione di Gran Bretagna e Paesi Bassi che arrivano al 30%: il dato, in Italia, si ferma al 19%. Secondo AlmaLaurea si tratta di una situazione sconfortante: un calo di fiducia nei confronti della laurea comporterebbe un ulteriore indebolimento del sistema Italia e, di conseguenza, genererebbe meno competitività e dati ancora più terribili da digerire.