Limbiate: il sopravvissuto di Auschwitz incontra le scuole

Un incontro sulla Shoah. Una testimonianza offerta da chi la drammatica esperienza l'ha provata davvero sulla sua pelle. E' l'iniziativa promossa dall'Itc "Elsa Morante" in collaborazione con la sezione cittadina dell'Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) e con il patrocinio dell'amministrazione comunale. L'appuntamento è per sabato prossimo 14 dicembre, dalle 10 alle 12, nell'auditorium di via Cartesio dove interverrà Samuel Artale che racconterà a tutti la sua testimonianza di d...

Un incontro sulla Shoah. Una testimonianza offerta da chi la drammatica esperienza l'ha provata davvero sulla sua pelle. E' l'iniziativa promossa dall'Itc "Elsa Morante" in collaborazione con la sezione cittadina dell'Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) e con il patrocinio dell'amministrazione comunale. L'appuntamento è per sabato prossimo 14 dicembre, dalle 10 alle 12, nell'auditorium di via Cartesio dove interverrà Samuel Artale che racconterà a tutti la sua testimonianza di deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia. Alla liberazione del campo di Auschwitz i sopravvissuti si conteranno in una "manciata" di persone. Uno di questi è Samuel Artale Von Belskoj Levy, nato a Rostock in Germania, in una famiglia benestante ebreo-prussiana. Samuel ha 7 anni quando, il 13 Aprile 1944, viene prelevato dalle SS e portato assieme alla sua famiglia, padre, madre, nonno e sorella ad Auschwitz-Birkenau, il più noto e tragico tra i campi di sterminio nazisti. Liberato nel gennaio 1945 dai russi che stavano avanzando da Est verso Berlino, si è accorto di non avere più niente, neanche il proprio cognome. "Fui sistemato, dai tedeschi - racconta Artale -  in una baracca insieme ad adulti, non c'erano altri bambini. Ci sono rimasto un anno e ho imparato a sopravvivere alla fame e alla paura che era parte della nostra vita. Sono stato bastonato, perché avevo cercato di proteggermi dal freddo intenso mettendomi sotto la maglia dei sacchi di carta, poi ho imparato a usare il coltello per difendermi, ho rubato bocconi di pane stantio al compagno. Il lager aveva annullato il rimorso, il senso di colpa, non c'era più emozione in me, ero indifferente, dovevo solo sopravvivere. Quando nel gennaio del "45 finalmente arrivarono i Russi a piedi e a cavallo, avvolti dalla foschia, in un silenzio innaturale, senza più le grida di sempre, non li riconobbi e ne fui impaurito. Ci diedero da mangiare, ci diedero anche coperte e pastrani perché era molto freddo, erano amici. Non ricordo, ma fui lavato e rivestito, mi riabituai a mangiare. Un ufficiale russo che parlava tedesco mi chiese come mi chiamavo e gli dissi solo il nome, Samuel. Inorridito mi resi conto che non ricordavo più il cognome. La Croce Rossa e poi la Comunità Ebraica si sono occupate di me e sono stato portato in America in un Orfanotrofio a Miami. Il mio cognome l'ho trovato solo da alcuni anni, perchè appena uscito da Auschwitz, ho voluto dimenticare tutto, cancellare tutto in una accanita lotta contro il ricordo che per me significava dolore".