Assoedilizia: "Nuovi immigrati, ma le case per accoglierli dove sono?"

I 22 mila arrivati in Italia, diventati 153 mila nel 2015, con prospettive identiche se non addirittura maggiori, pongono un problema di spazi: dove accoglierli? Se lo chiede Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia

Immigrati e abitazioni: un tema scottante, da molti politici utilizzato anche come elemento di campagna elettorale, ma sul quale è necessaria un’importante riflessione. Per poter intervenire in modo corretto e nel rispetto della legge.

Un’analisi molto acuta quella che in merito fornisce Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia. Il punto di partenza è che l’Italia – e più in generale il mondo – sta vivendo un’importante fase di evoluzione sociale. Il tutto all’interno di una grave crisi economica dalla quale, ad oggi, il Belpaese non si è ancora ripreso.

Da una parte ci sono migliaia di famiglie italiane alla ricerca di un’abitazione decente con affitto accessibile (in Lombardia sono 60 mila). Dall’altra arrivano costantemente migliaia di extracomunitari che dopo il periodo di soggiorno nei centri di accoglienza necessitano di un’abitazione.

La soluzione non è facile: le case sfitte ci sono, ma costano troppo. Inoltre  con gli importanti numeri dell’affluenza e della permanenza in Italia di immigrati che per la stragrande maggioranza dei casi non oltrepassano (o non possono oltrepassare) la frontiera sono necessarie nuove abitazioni. Ma il suolo a disposizione per realizzarle non c’è.

E il numero degli immigrati che arrivano in Italia è inarrestabile, soprattutto dopo la chiusura della tratta dei Balcani: nel 2016 è previsto dall’Unhcr-Agenzia Onu per i rifugiati,  l’arrivo in Italia di oltre 150 mila immigrati, pressappoco lo stesso numero del 2015 (dal primo gennaio ad oggi sono sbarcate oltre 100 mila persone) e quasi tutte andranno ad aggiungersi ai 3 milioni 521 mila extracomunitari già residenti (il 5,8 per cento della popolazione italiana, ottavo posto nella classifica europea). Persone che necessitano poi di essere collocate in abitazioni dopo il periodo di permanenza e di assistenza nelle caserme dismesse o in centri di accoglienza realizzati in emergenza.

Se le cifre e le percentuali sfatano la leggenda dell’invasione (secondo un recente sondaggio gli italiani percepiscono una presenza di immigrati extracomunitari pari al 30 per cento) è l’incremento che preoccupa.

Si calcola che in 20 anni gli arrivi in Europa siano aumentati da 5 a 10 volte. E per quanto riguarda l’Italia si è passati dai 22 mila arrivi del 2012  ai già citati 153 mila del 2015 e previsti del 2016, quasi sette volte in cinque anni.

Come intervenire quindi? E soprattutto come risolvere il problema dell’emergenza abitativa di questi nuovi residenti che si aggiungono ai già tantissimi italiani alla ricerca di una dimora accogliente e con un affitto – o mutuo – sostenibile?

“Dovranno essere riviste le politiche urbanistiche – spiega Achille Colombo Clerici - Bisognerà, in altre parole, provvedere a nuove costruzioni che andranno a incidere su un territorio  già abbondantemente antropizzato mentre il 40 per cento  è inutilizzabile perché montuoso”.

I numeri parlano chiaro: secondo il rapporto  Ispra 2016 sul consumo del territorio che vengono “mangiati” ogni giorno 35 ettari da costruzioni e infrastrutture (250 kmq in due anni).

In 25 anni si è perso un quarto della superficie coltivabile. Il valore percentuale di consumo più elevato è in Lombardia e in Veneto(oltre il 10per cento) e tra il 7  e il 10 per cento si collocano altre regioni tra cui Emilia Romagna, Piemonte e  Liguria.  “Non si può chiudere la porta alla politica dell'accoglienza – aggiunge - per questioni umanitarie e per mantenere l'equilibrio internazionale che presidia la pace durevole. Il problema dell'immigrazione forzosa è e sarà il problema del nostro tempo”.

Siamo insomma tra l’incudine (dell’accoglienza) e il martello (della scarsità di risorsa-suolo). E continuiamo a praticare una  politica per compartimenti stagni.

“Occorre dunque distinguere tra regione e regione e c'e' bisogno di piani nazionali volti a coordinare meccanismi virtuosi per far interagire accoglienza e integrazione, anche ai fini dell' inserimento lavorativo degli immigrati accolti – conclude -Un'attenzione particolare andrà riservata alle zone ed alle aree di dinamico sviluppo urbano-economico rappresentate, al Nord, dalle direttrici Milano-Venezia e Milano-Bologna”.


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