Papi via da Roma: il giovane talento approda alla Briantea84

SEVESO - Ha 22 anni, è un talento del basket in carrozzina italiano e, ultima stagione a parte, ha contribuito a dare dei dispiaceri ai tifosi brianzoli: Giulio Maria Papi, lasciato il Santa Lucia Roma, è ora pronto a vestire la gloriosa canotta biancoblù e a tuffarsi in una nuova avventura

Basta sentirlo parlare dei suoi obiettivi per essere travolti da una carica di entusiasmo che lascia quasi senza fiato. Ha solo 22 anni, compiuti a luglio, ma in campo ha già fatto vedere la sua ambizione a voler stare tra i grandi: lui è Giulio Maria Papi, ala-pivot punti 4.0 ex Santa Lucia Roma, per la stagione 2016-17 pronto a vestire i colori della UnipolSai Briantea84 Cantù. 

Una vita dedicata allo sport e allo studio, iscritto al terzo anno di Tecniche ortopediche all’Università di Roma. Giovane ma con un curriculum che conta, costruito in forza al plurititolato team capitolino, dove 3 anni fa è iniziata la sua esperienza con il basket in carrozzina: prima nella formazione giovanile, dove si è subito laureato campione d’Italia nel 2014, poi con la squadra di serie A, sollevando Supercoppa Italiana e Coppa Italia (2014 e 2015), lo Scudetto 2015 e un terzo posto in Coppa Campioni, sempre nel 2015. Con la Nazionale italiana under 22 ha conquistato uno storico bronzo agli europei di Saragozza nel 2014, sotto la guida tecnica di coach Marco Bergna, che ritroverà sulla panchina della UnipolSai. 

“Quando si è presentata l’opportunità di giocare a Cantù - ha commentato Papi - ho pensato fosse un treno che non andava perso. Si tratta di un cambiamento significativo, la mia prima esperienza lontano da casa e dagli affetti, un momento che vivo con un mix di gioia e spavento: ma ho pensato fosse l’occasione giusta per mettermi alla prova. Cantù è un club prestigioso, negli ultimi anni è stata la squadra contro la quale ho giocato tutte le partite più importanti. Le emozioni sono contrastanti, è ancora un po’ strano pensare di scendere in campo con una maglia diversa da quella del Santa Lucia, società che mi ha fatto innamorare di questo sport e che mi ha fatto diventare l’atleta che sono. Oggi, a Cantù, inizia una nuova fase della mia carriera: ho voglia di fare, di crescere e di migliorare. Sarà un onore giocare al fianco di atleti del calibro di Sagar e Bell, ho tanto da imparare”.

“E non solo. Ammiro il lavoro che questa società svolge nell’ambito della promozione dello sport paralimpico. Giocare in un palazzetto sempre sold-out è una cosa che fa venire i brividi, so che dietro c’è un importante progetto di sensibilizzazione promosso nelle scuole e rivolto a bambini e ragazzi. Prima del tumore non conoscevo questo mondo, ed è un vero peccato. Sarei stato molto contento se qualcuno fosse venuto nella mia scuola a parlarmene. Lo sport è sport, conoscere è una questione di cultura”.

“Non posso dire di conoscere bene Giulio - ha commentato il presidente Alfredo Marson-, ci ho parlato poche volte ma ha saputo contagiarmi fin dalla prima occasione. Spero dimostri la volontà di diventare una bandiera di questa società: è un ragazzo giovane, ha tanta voglia di crescere e soprattutto ha scelto di venire a Cantù con una carica di entusiasmo che non mi aspettavo. È poco più che ventenne ma mi ha dato l’impressione di essere un uomo maturo e determinato, spero di aver avuto un’intuizione giusta. Ho in mente tanti progetti, che vanno ben oltre il basket prettamente giocato sul campo: vorrei tanto che i giovani di questa squadra si entusiasmassero con me e imparassero a guardare lontano, anche oltre i risultati sportivi”. 

La strada che porta al basket in carrozzina passa da un osteosarcoma al femore e ginocchio, diagnosticato all’età di 16 anni. “Avevo un forte dolore a una gamba, un giorno non riuscivo più a muoverla e abbiamo deciso di andare al pronto soccorso. Capirono subito che qualcosa non andava ma con me non entrarono nei dettagli, mi dissero solo che il giorno dopo sarei dovuto andare all’Ifo (Istituto Nazionale Tumori, ndr). Non avevo capito cosa avessi, solo che avrei dovuto fare la chemioterapia e che avrei perso i capelli: era l’unica cosa che mi rendeva triste. Da quel momento sono seguiti un anno di terapia e una serie di interventi, e ovviamente ho inquadrato la situazione. Ma non ho mai perso la speranza, io sapevo che ce l’avrei fatta. La mia famiglia, la mia ragazza e i miei amici sono sempre rimasti al mio fianco, sono certo che questa sia stata la mia più grande forza”. 

Archiviate le operazioni, arriva il momento di rimettersi in gioco. Un passato sportivo tra basket e pallavolo e un futuro tutto da decidere. 

“Guardando le Paralimpiadi di Londra nel 2012, il ragazzo di mia sorella rimase incuriosito dal basket in carrozzina. Cercando su internet trovammo il Santa Lucia, iniziò tutto così. Oggi la pallacanestro è il mio hobby, il mio lavoro e il mio divertimento, non potrei immaginare la mia vita senza. Ho la fortuna di fare quello che mi piace e che mi appassiona, è come vivere un sogno. Mi auguro una lunga carriera, laureato e giocatore di basket, è così che immagino il mio futuro”.

Le parole famiglia, fidanzata e amici, sono presenti in ogni suo discorso. Come i grazie che continuamente rivolge alle persone che identifica come la sua forza: “Non so come avrei fatto senza di loro: i miei genitori, mia sorella e il suo fidanzato, mio fratello. Ho degli amici che sono con me da una vita, hanno vissuto con me l’esperienza del tumore, le cure, gli interventi, le gioie e i dolori, e oggi sono ancora al mio fianco: Niccolò, Daniele, Simone e Giulia, la mia fidanzata, conosciuta ai tempi della pallavolo, ormai più di 6 anni fa. E poi c’è il mitico gruppo JP, dove per tutti sono Jolly: mi sono sempre dilettato con i giochi da giullare, durante la malattia sono stati un valido scacciapensieri per me e per la mia famiglia. Oggi sono la mia curva degli ultras, li porterò sicuramente a Seveso per fare il tifo”.


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