Il triste dato della Cgil: in Brianza le aziende continuano a fallire

MONZA - A livello nazionale si parla di ripresa, di segnali favorevoli. Chi è sul campo con i lavoratori, però, ha un'idea un po' diversa. La Cgil ha presentato i suoi dati. E non sono molto positivi considerando il numero di persone che hanno avuto bisogno di sostegno

Le aziende di Monza e Brianza ancora strette nella morsa della crisi e anche se i dati nazionali presentano lievi segni positivi nella nostra provincia piccole, medie e grandi aziende continuano a fallire. E soprattutto a lasciare per strada centinaia di lavoratori che con difficoltà riescono a trovare un’altra occupazione, spesso dovendo accettare contratti più svantaggiosi rispetto al passato o in molti casi senza neppure averne uno. Il settore tessile è scomparso mentre quello metalmeccanico ha subito una pesante battuta d’arresto.

Questa la fotografia tutt’altro che confortante scattata dalla Cgil in occasione della conferenza stampa di presentazione del bilancio delle attività svolte dall’Ufficio procedure concorsuali (ex Ufficio fallimenti) nel primo semestre del 2017.

“Le aziende a Monza e in Brianza continuano regolarmente a fallire, di meno rispetto al passato – ha spiegato Maurizio Laini segretario generale della Cgil di Monza e Brianza - In diciassette anni di attività il nostro Ufficio ha recuperato 58 milioni di euro destinati ai lavoratori (l’anno record è stato il 2015 con il recupero di oltre 6 milioni di euro, ndr). A dimostrazione che la Cgil non è solo bandiere rosse in piazza ma un impegno quotidiano a servizio dei lavoratori”.

Numeri alla mano dall’inizio dell’anno sono 341 i lavoratori che si sono rivolti al sindacato di via Premuda per risolvere la questione del contenzioso nei confronti dell’azienda che ha intrapreso un concordato o nei casi peggiori direttamente il fallimento. Nel 2016 l’Ufficio ha intercettato 57 procedure concorsuali, ha aperto 262 pratiche dei lavoratori alle quali si aggiungono quelle copiose già iniziate negli anni precedenti, nel pieno della crisi economica.

I numeri dei fallimenti dichiarati dal Tribunale di Monza dal 2009 sono esplosi con il picco del 2015 con 396 provvedimenti con le tristi conseguenze per i lavori alle prese con il recupero di Tfr (trattamento di fine rapporto), stipendi non pagati e nel frattempo la disperata ricerca di un posto di lavoro.

Con un percorso di recupero dei crediti che varia da un minimo (nel migliore dei casi) di due anni all’esempio emblematico della Gi.Pi. Elettrica Srl di Cesano Maderno con lavoratori che hanno incassato il saldo finale delle spettanze dopo 17 anni dal fallimento.

Sempre numeri alla mano per quanto riguarda l’attività del Tribunale di Monza nel 2016 sono stati dichiarati 333 fallimenti (contro i 396 dell’anno precedente) e 33 concordati preventivi (contro i 42 dell’anno prima) con una sorta di rallentamento fisiologico con numero comunque ben più alti rispetto al periodo pre-crisi.

I concordati preventivi sono in calo, soprattutto dopo l’introduzione di alcuni correttivi di legge. Si tratta di forme più  di fallimento più “dolci” chieste direttamente dall’imprenditore insolvente che nel frattempo può aprire una nuova azienda “ripulita”dai debiti della precedente e recuperare parte della manovalanza: nel 2016 c’è stato un calo del 42 per cento rispetto all’anno precedente.

In controtendenza invece le liquidazione che l’anno scorso hanno registrato un aumento del 9,2 per cento rispetto al 2015. Un’impennata determinata all’introduzione di norme che hanno reso più vantaggioso liquidare, soprattutto nel caso delle società immobiliari che hanno fatto aumentare sensibilmente la percentuale.

“È in aumento la nostra attività di affiancamento e di consulenza a favore delle categorie nei sempre più numerosi casi di affitti o di cessioni di rami d’azienda – spiega Massimo Rovelli, responsabile dell’Ufficio procedure concorsuali della Cgil di Monza e Brianza – che comportano il passaggio dei lavoratori da azienda in procedura ad altre in procedura od in bonis e che non necessariamente conducono alle pratiche di tutela individuale. Inoltre c’è una maggiore difficoltà nei rapporti con i Tribunali e con l’Inps a causa della farraginosità delle normative che regolano il fondo tesoreria, alla mancanza di uniformità di tempistica e di criteri di definizione delle domande della miriade di sedi alle quali indirizziamo le richieste dei lavoratori”.

Barbara Apicella


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